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venerdì 3 dicembre 2010

La mia pausa pranzo di oggi, spesa più o meno proficuamente tra letture in giro per il web, mi ha portata alla scoperta di una tesi interessante.
Per quanto nel calderone degli studi psicologici e comportamentali, a mio modesto parere, confluiscano molto spesso (non ho detto sempre) fesserie di alto spessore e nonostante anche questa nuova tesi sia quantomeno dubbia, nel caso specifico leggerla mi ha resa felice, come è felice chi dopo lunga applicazione riesce a risolvere il cubo di Rubik (va bene che al momento va di moda insieme alle sue satiriche mutazioni, ma resta pur sempre un classico dei giochi rompicapo).
Comunque, arrivando al punto, secondo un recente studio di alcuni ricercatori della Facoltà di Psicologia dell'Università di Norfolk, in procinto di essere pubblicato sulla prestigiosa (pare) Psychology Tomorrow, la “dissonanza cognitiva” (per chi come me andrebbe di wikiPEDIA, tale dissonanza è uno dei concetti su cui si basa la psicologia sociale e che, in sostanza, altro non è che l’apparente incoerenza tra i propri comportamenti e i valori e modi di pensare che dovrebbero esserne alla base), sarebbe un fattore fortemente condizionante anche nelle scelte politiche degli individui, in particolare in vista di una consultazione elettorale.
In parole povere, dopo aver a lungo studiato statistiche e dichiarazioni frutto di interviste e di questionari fatti compilare anonimamente ad un campione di 3500 soggetti distribuiti per età, sesso, livello di istruzione, condizioni sociali ed economiche, l'elettore non estremamente radicato ideologicamente (loro sembrerebbero vittime – ahimè – di preconcetti e altre cosette del genere, anche se gli si riconosce una maggiore partecipazione alla vita politica e sociale), e non particolarmente informato e desideroso di esserlo, ha dimostrato la tendenza molto preponderante a mantenere comunque l'intenzione di votare il proprio candidato o partito anche di fronte a palesi inadeguatezze dello stesso.
«Supponiamo che un cittadino abbia dato la sua preferenza a un determinato partito» ha spiegato Julia Foster, team leader del gruppo di ricerca, «e supponiamo che dopo qualche tempo un gruppo di dirigenti di questo partito, ovvero il suo leader, vengano pubblicamente coinvolti in gravi questioni che mettano in fortissimo dubbio la moralità e i principi che hanno animato e animano l'operato pubblico di queste persone» (ipotesi surrealistiche, diciamo), «i cui discutibili comportamenti possono essere andati anche a detrimento degli elettori stessi» (finanche fantascientifiche, insomma).
Ebbene, una volta impegnatici a supporlo, potremo essere informati da questo studio documentato che «una percentuale superiore al 55% di chi li ha votati in passato, tende a trovare giustificazioni che portano i soggetti a confermare la loro preferenza ai medesimi partiti o candidati anche alle elezioni successive alla scoperta degli scandali.» Oh bella!
«Questo è un esempio tipico di dissonanza cognitiva, ancorché applicato in un ambito ancora poco studiato, che meriterebbe maggiore attenzione» ha continuato Charles Witt, assistente e dottorando. Ma il Doctor Witt ci spiega ancora meglio la faccenda: «il riconoscimento della palese inadeguatezza del candidato cui dovrebbe conseguire la modificazione della propria intenzione di voto, coinciderebbe con il riconoscimento dell'inadeguatezza del soggetto nella scelta del candidato stesso, soprattutto se c’è stata in passato e magari c’è ancora  svogliatezza o poco interesse ad informarsi e ad entrare nel merito della vita politica e sociale del proprio Paese. E questa reazione tende ad essere istintivamente rimossa alla radice per difendere l'elettore dal sentirsi vittima di un senso di ottusità nei confronti di sé stesso, un sentimento autoreferenziale di stoltezza o di vergogna per la propria “ignoranza” o superficialità, tanto più forte, quanto più gravi sono le situazioni in cui sono incorsi i politici in questione.
Se poi in occasione del precedente voto aveva preso parte a discussioni con persone di parere opposto al suo, difendendo apertamente il partito o il candidato scelto, difficilmente ammetterà l’errore o dichiarerà una preferenza contraria, convincendo anche sé stesso in questo senso.»
Dopo aver letto questa notizia, ho compreso di essere anch’io vittima di una dissonanza cognitiva: sebbene sia istintivamente portata a dubitare dell’affidabilità di questo postulato, incoerentemente voglio convincermene e infine me ne convinco.
E con questa convinzione e con l’orgoglio di aver compiuto un gesto di grande generosità e di chiara compassione verso il mio Paese e chi lo popola, mi rimetto a lavorare.
Eppure, un forte sospetto mi distrae ancora: non è che mi avranno preso in giro e che la team leader del gruppo di ricerca in questione si chiama in realtà Giulia Adottivo?
Quella sensazione di felicità scompare in un istante e lascia il posto ad un senso di raggelante umiliazione.
Dio mio, speriamo che nessuno venga a sapere che mi sono fatta infinocchiare dalle parole di una ricercatrice di sinistra contro il ddl Gelmini!
S.

venerdì 24 settembre 2010

Che ormai in Italia il potere economico ed il suo potenziale siano in grado di comprare giornali, amministratori, controllori, dirigenti ed esponenti "intelligenti" è diventata ovvietà quotidiana. Però ancora mi chiedo come abbia fatto a comprare quel popolo italiano a cui sono stati rubati democrazia, benessere, futuro e moralità.
Se un cittadino europeo si trovasse improvvisamente a vivere in Italia probabilmente si convincerebbe di essere stato catapultato nella trasposizione cinematografica di un libro di Philip Dick. Certamente c’è chi, fuori dal nostro piccolo staterello, si interessa di noi, incuriosito da questa piccola (pen)isola di soldatini della libertà che marciano sui tacchi a spillo alle spalle del signore dalle lunghe mani e dalle tasche profonde.
Eppure l’Italia non era così, un tempo. Non che il processo di involuzione sia cominciato con Berlusconi, ma certamente è con lui che ha avuto un’impennata drastica e risolutiva verso il baratro.
Sono esistiti, in altri tempi e in altre zone del mondo, personaggi che hanno governato con le chiavi della verità e della democrazia in mano, dopo averne ben serrato le porte a tripla mandata. Popoli sono stati piegati dalle leggi della propaganda imposta, costruita e distribuita negli argini della censura, dalla violenza esercitata o minacciata, dalla follia di un progetto tirannico creato e posto in essere grazie alla negazione della libertà di pensiero e del potere decisionale. Il resto del mondo, che stava a guardare, gridava al tiranno, alla negazione della libertà e dei diritti umani, minacciava interventi e qualche volta li progettava persino. Organizzava crociate, impegnava eserciti liberatori e infine puniva il cattivone, rimpinzando l’elenco dei diavoli nei libri di storia.
Sarebbe bello, un giorno, vedere portar via il Cavaliere in manette e sentire nelle televisioni, almeno qualcuna di esse, l’ accento straniero di qualche soldato gridare: Italiani, siete liberi!
Ma questo è un sogno e come tale va preso, esattamente come immaginare di vincere al superenalotto. L’Unione Europea ci richiama, ci intima di sistemare qualcosina, ci inserisce negli ultimi posti degli elenchi dei Paesi che rispettano libertà e democrazia, mette i suoi Ministri a litigare con il nostro capo sornione e resta a guardare un popolo che agita i pon pon e canta inni celesti nei pullman.
Eppure l’Italia non era così, un tempo. Un tempo il secondo scalino non si sarebbe salito, un tempo italiani di destra e di sinistra sarebbero insorti davanti alla compravendita di ogni pezzettino dello Stato, della penna dei giornalisti, degli occhi dei controllori, delle firme degli amministratori, delle delibere dei dirigenti, persino della voce dei sostenitori. Ma il grande merito del Signore è stato quello di creare uno sterminato terreno adatto, iniettato di fertilizzanti, prima di piantare l’insalata marcia. Canale cinque, rete quattro e Italia uno si sono divise il compito di impollinare e far nascere i nuovi italiani, corredati dai loro nuovi modelli, sogni e progetti: soldi, potere, fama e quant’altro, a discapito di qualsiasi altra cosa. Le nuove generazioni e la parte rivisitata delle vecchie, quindi, hanno lentamente visto nascere e svilupparsi il nuovo modello vincente politico, economico, personale e, soprattutto, mediatico. E nulla è più inaccettabile su queste basi, perché è tutto in fondo coerente e strutturale alla crescita del modello a cui si aspira.
Abbiamo scoperto che il nostro capo ha corrotto magistrati, attraverso personaggi  a lui molto vicini. Abbiamo poi potuto notare e verificare abbondantemente che tutta la sua attività politica è incentrata sull’ideazione e la messa in opera di leggi atte, neanche troppo occultamente, a salvaguardare la propria libertà e gli interessi economici legati alle proprie aziende. Poi siamo stati informati delle sue tendenze all’utilizzo di compagnie di donne prezzolate, sia come proprio hobby personale, sia in veste di cadeaux, inventando di fatto un nuovo tipo di bustarella più aggraziato e meno pericoloso del classico. Poi siamo stati anche informati delle sue telefonate minatorie a dirigenti e funzionari vari, atte a impedire l’andata in onda di trasmissioni a lui politicamente sfavorevoli o a muovere decisioni di consigli di amministrazione favorevoli alla salvaguardia della propria persona, distruggendo di fatto la libertà di stampa e di informazione. Poi siamo stati informati delle attività commerciali dei suoi collaboratori impegnati ad acquistare la partecipazione di materiale femminile idoneo alle feste di piazza e alle manifestazioni elettorali, coerentemente con la gran parte dei propri format televisivi. Poi siamo stati informati delle condanne inflitte ai suoi collaboratori per corruzioni miste, stranamente a favore di Berlusconi: potere della generosità.
Mi fermo qui, consapevole del fatto che tutti siamo a conoscenza di tutto e che l’elenco, alla fine, resta un’inutile perdita di tempo quando la volontà è quella di ignorare, negare o contestare i fatti.
Ecco, ieri la Stamperia di Stato di Saint Lucia ha negato che il documento che indicava Tulliani come proprietario del famoso appartamento sia mai uscito dai propri uffici. Ha anche negato che quel documento ci sia mai stato, nei propri uffici. Ha, insomma, dichiarato che si tratta di un falso. Noi ne siamo stati informati, siamo quindi stati informati (nuovamente) che la campagna antifiniana ad opera di Berlusconi, del Pdl tutto e dei giornali di area, utilizzi qualunque arma legittima, illegittima, immorale, politica, economica e di qualsiasi altro tipo sia utile, per distruggere il nemico politico di turno.
No, non è una novità come non sarà una novità il fatto che Libero ed il Giornale possano continuare a costruire una campagna mediatica falsa e denigratoria verso qualcuno che mette i bastoni fra le rotelle del Presidente senza essere né richiamato né tantomeno radiato dall’albo dei giornalisti. E non è certo una novità che il Presidente del Consiglio del nostro Paese usi la menzogna e la corruzione per vendere al suo pubblico la storiella nella quale lui, uomo retto, simbolo del fare e dell’amore, viene ancora una volta bersagliato da un nuovo nemico, questa volta addirittura serpe in seno, che gli impedisce, insieme all’Opposizione e ai magistrati di sinistra, di compiere il suo dovere di agire nell’interesse dell’Italia e degli italiani.
Ciò che mi sorprende in tutto questo, però, è il mio stesso sorprendermi nel constatare che neanche questo è sufficiente per questo Paese e per questo popolo ad innescare l’esplosione senza ritorno; forse perchè neanche io ho ancora capito che non mi trovo in un libro di Philip Dick.
S.